martedì 9 ottobre 2007

Violenza Sessuale e Sentenze Lette Male

La terza sezione penale della Suprema Corte ha stabilito che lo stupro di una minorenne non è grave in sé, ma è meno grave se la vittima ha già «avuto rapporti sessuali». «È lecito ritenere» - sostiene la sentenza che ha creato le proteste - che siano più «lievi» i danni che la violenza sessuale provoca in chi ha già avuto rapporti con altri uomini prima dell'incontro con il violentatore. (Corriere.it, 18 febbraio 2006)
In sostanza i giudici pensano - anzi ne sono più che sicuri, tanto che hanno accolto questo punto di vista (sostenuto dall'autore dell'abuso) - che sia di più modeste proporzioni l'impatto devastante della violenza sessuale quando a subirlo è una adolescente non più vergine. Questo perché - spiegano - "la sua personalità, dal punto di vista sessuale" è "molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età". (Repubblica.it, 17 febbraio 2006)
Alla stregua delle considerazioni che precedono e tenendone il debito conto, la Corte territoriale alla quale gli atti devono essere restituiti dovrà valutare se il diniego della attenuante in parola possa essere deciso con il supporto di una motivazione diversa da quella testè censurata (Corte di Cassazione, Terza sezione penale, sentenza n. 6329 depositata il 17 febbraio 2006)
Che ci crediate o no i due giornali e la Corte di Cassazione parlano del medesimo fatto. Non si direbbe, leggendo questi tre testi uno dietro l'altro: da una parte i giornali che ritengono che la Cassazione abbia ritenuto quella violenza sessuale come un fatto di lieve entità, dall'altro i giudici della Cassazione che scrivono che la Corte d'appello di Cagliari può continuare a negare l'attenuante della lieve entità, basta che lo faccia su presupposti diversi e non su quelli espressi nella motivazione censurata.
A leggere bene la sentenza (ripeto il link) è stato scatenato un putiferio su una lettura scorretta del testo della Cassazione. Colpa dei giornalisti, colpa di chi li ha imbeccati e colpa di chi, eventualmente, ha dato loro l'interpretazione che poi è diventata quella comune. Probabilmente appartengo a un'altra epoca, ma credo che la cronaca giudiziaria debba essere fatta in modo diverso. Non si tratta di tacere la verità, al contrario: si tratta di cercarla e di trovarla, senza la bramosia dello scandalo a tutti i costi. I giornali - quelli fatti da cattivi giornalisti - sono già troppo pieni di "choc", "clamoroso" e "incredibile" anche dove si raccontano fatti che hanno ben poco di choccante, clamoroso e incredibile; cerchiamo di essere un po' più parchi di aggettivi e sostantivi come quelli, soprattutto laddove non c'è proprio alcun motivo di usarli. Quella sentenza della Cassazione, permettetemi l'osservazione, non valeva neppure una notizia in breve in una pagina interna, invece ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali ed è stata ripresa anche da alcuni mass-media all'estero.
Certo, io sono uno dei tanti giornalisti che ha fatto cronaca giudiziaria in Italia. Forse uno che si studiava la materia un po' più di qualche altro (lasciatemi questa considerazione, non peccherò più di superbia) ma sempre un giornalista e non un tecnico del diritto. Allora è bene andare a leggere che cosa ha scritto una settimana fa su "Dottrina e diritto" Paolo Pittaro, professore associato di Diritto penale all'Università di Trieste. ( L' articolo non è mio, vi lascio il link del blog dove ho letto l'articolo)