martedì 2 dicembre 2008

RESPONSABILITA' MEDICA

L'obbligazione è una posizione di dovere giuridico, a carico del debitore nei confronti del creditore. Il dovere del debitore non è generico. Il contenuto, infatti, del dovere consiste nell'eseguire una prestazione. La prestazione ha carattere patrimoniale. Si può, dunque, sostenere che l'obbligazione è il rapporto intercorrente tra il creditore e il debitore. Autorevole dottrina sostiene che l'adempimento della prestazione consista in un atto dovuto, essendo un atto giuridico in senso stretto. La caratteristica dell'atto consiste negli effetti giuridici, i quali non sono stabiliti dalla volontà privata come nei negozi, ma esclusivamente dalla legge. Anche la giurisprudenza, con la pronuncia del 27 luglio 1998 numero 7357, ha ritenuto l'adempimento del debitore come un comportamento dovuto. Qualora il debitore non adempia in modo esatto, la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non provi che il fatto non è derivante da causa a lui imputabile. In tema di obbligazione medica il rapporto intercorre tra il paziente (creditore) ed il medico (debitore). L'obbligazione a carico del medico è sempre stata considerata come un'obbligazione di mezzi. L'obbligazione, secondo una pronuncia della Suprema Corte del 79, richiede al debitore soltanto la diligente osservanza del comportamento pattuito, indipendentemente dalla sua fruttuosità rispetto allo scopo perseguito dal creditore. Nell’obbligazione di risultato, invece, richiede il soddisfacimento effettivo dell'interesse di una parte. L'adempimento, nell'obbligazione di risultato, coincide con la piena realizzazione dello scopo perseguito dal creditore, indipendentemente dall'attività e dalla diligenza utilizzate dall'altra parte per eseguirlo. L'evento previsto, quindi, deve essere conseguenza dell'attività del debitore.
Il medico, dunque, ha il dovere di compiere la prestazione, anche se l'articolo 2236 del codice civile recita che: "Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave". In base a quanto sancito dall'articolo 2236, la giurisprudenza distingueva tra interventi complessi ed interventi routinari, in tema di responsabilità medica. Tale distinzione aveva una sua valenza nella ricerca dell’onere probatorio. Gli interventi routinari erano quegli interventi che comportavano una guarigione sicura ed esiti negativi molto bassi. In questi interventi la prova dell'inadempimento spettava al medico, il quale doveva dimostrare il mancato errore terapeutico. Gli interventi complessi, invece, erano quelli caratterizzati dall'alea terapeutica, dove il rischio è rilevante. Negli interventi complessi la presunzione spettava al paziente, il quale doveva dimostrare l'errore compiuto nel corso dell'esecuzione dell’intervento. Questa allocazione differenziata dell'onere della prova in funzione della complessità dell'intervento è una regola venuta meno dopo l'intervento delle Sezioni Unite del 2001. A seguito di tale pronuncia si può ritenere che l'obbligazione del medico è un'obbligazione di quasi risultato. Le Sezioni Unite del 2001 hanno,dunque, rivoluzionato lo schema dell'onere della prova in campo medico. Il creditore dovrà provare la fonte del diritto, ma in particolar modo le conseguenze dannose della lesione; il creditore dovrà, poi, provare il rapporto causale tra l’inadempimento ed il danno. La prova dell'inadempimento non spetterà al creditore, ma al debitore. Le sezioni unite del 2008 con la sentenza numero 577 hanno ritenuto che la pronuncia del 2001 possa essere applicata anche nell'ambito della responsabilità professionale. Il ragionamento espresso dalla Cassazione ha eliminato la distinzione tra interventi routinari e interventi complessi. In tema di responsabilità il medico dovrà provare che non c'è stato nesso causale tra il suo comportamento e l'evento. Nel danno da perdita di chance è necessario,ad esempio, dimostrare che il paziente avrebbe avuto una chance di sopravvivenza pure di molto inferiore al 100% o al 50% (purché ravvisabile). La Cassazione, con la sentenza numero 4400 delle 2004, ha evidenziato come sia semplice riscontrare la prova sull'an, ma al tempo stesso il risarcimento del danno verrà ridotto in proporzione alla percentuale di chance persa. Altra questione che rientra nell'ambito della responsabilità medica è il consenso informato. L'obbligazione di informazione ha, infatti, natura contrattuale. L'obbligo per il medico discende dal contratto, o dal contatto sociale. Il contatto sociale rientra nella responsabilità contrattuale ed esempio classico è il paziente che si rivolge alla clinica privata, per ricevere cure. Il rapporto tra paziente e casa di cura ha natura contrattuale, mentre il rapporto tra paziente e medico (quale dipendente della casa di cura) è un tipico esempio di contatto sociale. Tornando a parlare del consenso informato la giurisprudenza più recente ritiene che l'obbligo sia da ricercare nella diligenza da utilizzare nell'esecuzione della prestazione. Il medico non solo deve adempiere gli obblighi terapeutici e diagnostici, ma anche l’obbligo di acquisire il consenso informato. Il consenso informato, infatti, non è obbligo accessorio ma principale. Il medico che non acquisisce il consenso si sostituisce al paziente e di conseguenza risponderà dell'evento lesivo. Altra ipotesi si ha nel caso in cui l'intervento verrà compiuto nonostante vi siano ridotte possibilità di evitare l'evento morte. In questo caso la mancata acquisizione del consenso avrà valore solo sul piano della correttezza deontologica. Caso tipico della mancata acquisizione del consenso è il danno da nascita indesiderata.