lunedì 18 maggio 2009

Delitto Tentato: I Requisiti della idoneità ed univocità (sent. 10547/2009)

L'articolo 56 del codice penale disciplina il delitto tentato. La fattispecie, indicata dall'articolo 56 del codice penale, non è applicabile a tutti i reati indicati nella parte speciale del codice penale. Il tentativo, infatti, non è applicabile ai cosiddetti reati di pericolo ed al delitto di attentato. Il legislatore ha stabilito che il tentativo sia ravvisabile ogni qual volta vengano commessi atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere un delitto e, sarà necessario che l'azione non si compia o l'evento non si verifichi. Il delitto tentato è un delitto perfetto perché presenta tutti gli elementi necessari per l'esistenza di un reato: fatto tipico, antigiuridicità, colpevolezza. Dunque il delitto tentato costituisce un titolo autonomo di reato. L'autonomia del tentativo nasce dall'incontro o combinazione di due norme: la norma di parte speciale, la quale eleva a reato un determinato fatto, mentre l'articolo 56 reprime penalmente fatti che non pervengono alla soglia della consumazione. L'aspetto più problematico è rappresentato dalla determinazione dell'inizio dell'attività punibile. La dottrina ha sempre distinto tra atti preparatori e atti esecutivi. Gli atti preparatori vengono individuati come non punibili, mentre gli atti esecutivi sono punibili come tentativo. Oggi,invece ,si ritiene che l'inizio dell'attività punibile sia individuabile mediante i concetti di idoneità ed univocità degli atti. Idoneo deve essere l’atto, e non il mezzo con il quale si compie l’azione. Una recente Cassazione, la n.4359/2007, ha evidenziato che anche gli atti meramente preparatori possono essere idonei a raggiungere la soglia del tentativo. Il codice attuale, infatti, non pone alcuna distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi, come invece accadeva nel codice Zanardelli. La Suprema Corte ha ,infatti, ritenuto che l'azione esecutiva non debba essere necessariamente iniziata e che, anche un atto preparatorio possa integrare gli estremi del tentativo, quando sia idoneo e diretto in modo inequivoco a commettere il delitto. Per quanto riguarda l'idoneità, il giudice dovrà,dunque, accertare se gli atti posti in essere fossero in grado di sfociare nella commissione del reato. Tale criterio di accertamento è detto di prognosi postuma ed è un criterio statistico-probabilistico. Secondo parte della giurisprudenza la valutazione dev'essere ex ante. L'univocità,invece, è espressa dal riferimento degli atti rispetto al delitto consumato. Riferimento che deve essere non equivoco ,cioè tale da non consentire la possibilità di ritenere leciti gli atti stessi in quanto è già ravvisabile,sia in base all'esistenza di essi sia in base alla prova specificamente acquisita, la finalità della commissione di un determinato delitto. I requisiti della idoneità e della univocità degli atti devono potersi rilevare dalla condotta degli agenti e dal modo in cui gli atti vengono posti in essere. Il giudice, dunque , non dovrà rifarsi alle intenzioni, ma agli atti. Tale orientamento è stato ribadito dai giudici di piazza Cavour nella sentenza del 10 marzo 2009,n. 10547